Alla procedura di infrazione richiesta alla Commissione Europea dalle sigle ambientaliste è stata fornita una risposta puntuale del mondo venatorio. Pubblichiamo oggi la seconda e ultima parte. In risposta alle richieste di aprire una procedura di infrazione contro l’Italia avanza dalle associazioni animaliste, Federcaccia e le altre associazioni riconosciute dalla Cabina di Regia del mondo venatorio hanno scritto alla Commissione Europe e ai Ministeri di ambiente e agricoltura smontando punto per punto le prese di posizioni ideologiche. Ecco quindi come prosegue il documento.
PIANI DI GESTIONE
Sono tre le specie per le quali sono stati approvati i piani di gestione: l’allodola, la coturnice e la tortora selvatica. Per l’allodola i prelievi sono stati drasticamente ridotti dal 2018 ad oggi in tutte le regioni a 10 capi giornalieri e 50 annuali. Solo in due regioni si è consentito, sempre in accordo con quanto previsto nel piano nazionale, di aumentare il prelievo, solo per i cacciatori specialisti, a 20 capi al giorno e 100 annuali. Tale possibilità resta comunque legata alla verifica da parte di ISPRA che non sia superato il prelievo totale regionale ottenuto negli anni precedenti il 2018. Nel corso delle ultime riunioni del Tavolo Tecnico Nazionale sui piani di gestione è emersa una efficace raccolta dati sia dei prelievi, sia dei miglioramenti ambientali in atto o pianificati per le tre specie. Si ricorda che alla stesura dei piani hanno comunque sempre partecipato anche le associazioni ambientaliste, che hanno sempre avuto la possibilità di proporre integrazioni e modifiche. Anche la tortora è soggetta a strettissimi limiti di prelievo giornalieri e stagionali (5-15) oltre che a un limite massimo per ogni regione corrispondente al 50% della media dei prelievi delle stagioni 2013-2018.
Ciò ha portato a una riduzione di più del 70% del prelievo rispetto agli anni precedenti in Italia. Sono in atto in molte regioni programmi di miglioramento ambientale finanziati dalla PAC e in parte dagli ATC che sono favorevoli alla specie. La coturnice è storicamente una specie gestita correttamente in tutto l’arco alpino. I cacciatori partecipano ai censimenti, i comprensori alpini realizzano miglioramenti ambientali e garantiscono il rispetto dei piani di prelievo, sempre con parere ISPRA al riguardo. Per quanto sopra esposto non risponde al vero affermare che i piani di gestione delle specie in declino non siano applicati.
PIANO ANTIBRACCONAGGIO
Diversamente da quanto affermato dalle associazioni proponenti la denuncia, nel corso degli ultimi anni in Italia è aumentato in modo importante il controllo sui reati contro la fauna, soprattutto ad opera di un nucleo dei Carabinieri Forestali chiamato SOARDA, acronimo che significa Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in danno degli Animali, che ha effettuato spedizioni in varie aree del paese identificate come “Black spot” nel Piano Antibracconaggio approvato. Tra queste l’area delle colline bresciane e bergamasche, la pianura padana nel corso della migrazione dell’allodola, il delta del Po e la Laguna di Venezia, l’area del Casertano etc.. A ciò si aggiunge la progressiva riorganizzazione delle Polizie provinciali, dopo la legge Del Rio che ha riportato in capo alle regioni la gestione delle guardie ittico-venatorie. È quindi non rispondente al vero l’affermazione secondo la quale il Piano Nazionale Antibracconaggio sarebbe inapplicato.
CIRCOLARE INTERPRETATIVA SUL REGOLAMENTO EUROPEO RIGUARDANTE IL DIVIETO DI USO DI
MUNIZIONI AL PIOMBO NELLE ZONE UMIDE.
Si fa presente che la scrivente Cabina ha già evidenziato ai competenti Ministeri la necessità di implementare i contenuti del Regolamento europeo sul divieto delle munizioni con piombo nelle aree umide. Tuttavia, la circolare emanata dai Ministeri congiunti MASE e MASAF, non fa che chiarire che non sono comprese nelle aree umide gli allagamenti effimeri dovuti a piogge, secondo quanto già disposto dal Tribunale Europeo. La stessa circolare scrive chiaramente che sono comprese nelle aree a divieto di utilizzo del piombo tutte le zone umide classificabili come aree Ramsar, in completa analogia con quanto disposto dal Regolamento europeo; quindi, non si comprende in quale modo questa circolare avrebbe “fortemente ridotto la portata del divieto attraverso una definizione limitata ed errata delle zone umide”. Si tratta anche in questo caso di un’affermazione non veritiera.
CONCLUSIONI
Da quanto sopra esposto si dimostra la pretestuosità della richiesta delle associazioni animalambientaliste, che perseguono in realtà un fine ideologico di restrizione o abolizione della caccia, attraverso affermazioni non rispondenti all’assetto normativo della direttiva 148/2009/CE e dei suoi documenti interpretativi.
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