La Peste Suina Africana è arrivata a Roma. L’animale morto è stato ritrovato addirittura all’interno del Grande raccordo Anulare, la ciconvallazione che abbraccia la Capitale, a testimonianza che questo virus non conosce barriere. Certo è da capire se l’infezione è stata veicolata da un animale vivo oppure è arrivata nel Lazio attraverso carne, residui di essa o sottoforma di insaccati, abbandonati, magari correttamente nei rifiuti, e poi mangiata da uno dei tanti cinghiali che scorrazzano indisturbati nelle periferie romane. Quello che però tutti abbiamo notato è che la notizia è stata ripresa in prima serata sui telegiornali delle principali testate nazionali e nei programmi radiofonici degli orari di maggior ascolto. Le istituzioni in verità si erano mosse repentinamente nello scorso mese di gennaio quando ad Ovada in provincia di Alessandria venne ritrovata la prima carcassa di cinghiale colpito dalla peste suina e da allora, grazie soprattutto alla ricerca effettuata da migliaia di volontari sono state ritrovate più di cento carcasse. E’ stato nominato un Commissario a livello nazionale ed alcune cose sono state fatte. Molte di più però sono state trascurate nonostante un quadro normativo già all’epoca piuttosto definito. Segnalazione e rimozione delle carcasse, isolamento della popolazione infetta, riduzione della densità: questi sono i passi che devono essere compiuti. Come sappiamo tutti questa malattia è presente in Europa da almeno tre anni e ne abbiamo visto il percorso, partendo dai paese dell’Est, entrare in Germania e Belgio e poi purtroppo arrivare in Italia. In questi anni i vertici del Ministero della Salute hanno coordinato i servizi veterinari regionali e sono stati predisposti dei piani di intervento che però, dovendo essere tempestivi, se non fulminei, al momento della loro attuazione ed anche molto onerosi, non sono stati messi in pratica con la giusta determinazione. L’assessorato regionale alla agricoltura della Lombardia monitora la situazione, anche perchè nella nostra regione gli allevamenti di suini sono un pilastro della zootecnia lombarda con un valore economico immenso, ma la gestione dell’emergenza è demandata appunto ad un commissario che ha il suo bel da fare a coordinare tutte le attività e soprattutto le regole di comportamento nelle zone infette.A oggi, come dicevamo, molto poco è stato fatto oltre alla ricerca delle carcasse dei cinghiali nella zona infetta e nel buffer che, è opportuno sottolinearlo, è stata effettuata dal mondo venatorio a titolo volontaristico. E’ stato redatto da più ministeri in modo unitario un documento di indirizzo tecnico, che tra le altre cose prevede che “in considerazione del ruolo cruciale che il mondo venatorio può attivamente svolgere nel contrasto della psa, parallelamente alla diffusione di una corretta informazione, nella fase preventiva all’arrivo del virus, andrà stimolato il coinvolgimento attivo dei cacciatori nella sorveglianza passiva delle carcasse di cinghiale e alla corretta raccolta dei dati relativi ai cinghiali abbattuti“. L’impegno è responsabilmente continuato – ed è stato rafforzato – dopo la scoperta della prima carcassa. Dati alla mano, parliamo di più di 3.000 cacciatori attivamente coinvolti nelle operazioni di ricerca. Per quanto riguarda gli interventi di contenimento, quindi per esempio la costruzione o il rafforzamento delle barriere che dovrebbero bloccare la diffusione della malattia, siamo invece ancora in attesa dell’appalto dei lavori. Ma, nel frattempo, la malattia si diffonde e contamina nuove aree a una velocità di 250/300 metri alla settimana. Tanto è vero che è arrivata anche a Roma, anche se, lo ripetiamo, probabilmente non veicolata dai cinghiali. Sono note le ripercussioni per l’attività venatoria: la caccia, nelle zone infette e quelle limitrofe, ha già subito delle considerevoli limitazioni che includevano in prima istanza la sospensione della stagione venatoria (anche dei cervidi) e prevedono un fermo alla caccia collettiva. Rimanendo al cinghiale, se in zona infetta non sarà possibile immaginare un prelievo ordinario (decreto 9 del 17 febbraio 2022, articolo 1, comma 5 bis “è vietato il prelievo in ogni forma collettiva di attività venatoria“), nei territori della zona buffer la caccia di selezione e il controllo saranno consentiti ma solo a determinate condizioni. Cosa possiamo fare nella nostra provincia, in modo serio e responsabile? Segnalare sicuramente carcasse di cinghiali rinvenute morte; nascondere l’arrivo della Psa è impossibile essendo un virus che colpisce oltre al 90% della popolazione di suidi. Individuando le carcasse è invece possibile isolare la zona colpita e limitare i danni, soprattutto alle attività economiche degli allevamenti, ma anche all’attività venatoria. ( Per scrivere questo articolo abbiamo preso spunto dall’ottimo sito internet www.hunting-log.it di Matteo Brogi, uno spazio informativo interessante e completo).
L’iniziativa Paladini del territorio prende forma anche nella nostra provincia. Alcune sezioni Federcaccia hanno aderito ma è necessario che arrivino nuove adesioni. Da sabato 21 di maggio a sabato 28 maggio sarebbe opportuno organizzare iniziative di pulizia del territorio, sistemazioni di sentieri, aree di verde pubblico e tutto quanto possa dimostrare attenzione per il territorio. Sono segnali forti per la comunità,sono momenti unici per rafforzare i rapporti umani tra i nostri soci. Per informazioni contattare la sezione provinciale di Federcaccia allo 030/2411472