L’argomento del giorno rimane l’impossibilità di praticare l’attività venatoria per i residenti nelle Regioni definite in Zona Rossa. Una palese discriminazione verso i cacciatori, lo abbiamo già scritto, che ha una matrice chiaramente politica. Oggi a Roma governa il Paese una parte politica apertamente ostile alla caccia, una parte politica che esprime le massime figure istituzionali che non nascondono la propria volontà abolizionista. Alla domanda diretta molti poi si arrampicano sugli specchi cercando di fare improbabili distinzioni tra bracconaggio, caccia rispettosa delle regole e tante altre facezie ma alla fine, nei fatti, ostacolano in ogni modo l’attività venatoria. E se la nostra opinione è sbagliata che ci si dimostri con i fatti che stiamo sbagliando. Però una parte della fauna selvatica fa danni, crea fastidi, causa incidenti stradali e allora i cacciatori tornano utili e le Prefetture cominciano ad interpretare i dettagli del Decreto del Presidente del Consiglio, il famigerato DPCM. Succede che la Prefettura di Bologna mette nero su bianco che nella a Regione Emilia Romagna oggi Zona Arancione la caccia al cinghiale è consentita anche spostandosi dal proprio comune. Quindi se il cacciatore “serve” alla collettività allora non è più portatore di nessun contagio, se invece vuole andare a beccacce, allora no, resta un potenziale vettore del Covid. In tutta sincerità noi di Federcaccia Brescia non ci stiamo a questa lettura delle regole, non vogliamo trasformare l’attività venatoria in una sorta di società di operatori faunistici volontari al servizio di chicchessia. La caccia è caccia e se dobbiamo andare, andiamo tutti, altrimenti stiamo a casa o nel nostro comune di residenza. Ha fatto bene Federcaccia Lombardia ad emanare un comunicato stampa chiaro e non travisabile che mettiamo di seguito “L’apertura alla possibilità di spostamenti tra comuni in regioni arancioni per il controllo e la caccia al cinghiale, sia in selezione che in braccata, e addirittura l’apertura a spostamenti interregionali per il controllo del cinghiale nelle Regioni zona rossa dimostra ancora una volta che la posizione del Governo sulla caccia è solo e soltanto politica. Non c’è nessuna base scientifica o medica per cui sia vietato spostarsi (dal comune o addirittura da casa) per andare a caccia, attività che si svolge per lo più da soli e con obbligo di stare ad almeno 100 metri dai fabbricati e 50 metri dalle strade! Ma se si parla di cinghiale e di possibili danni allora tutto diventa possibile. Allora ci si accorge dei cacciatori, ma solo di quelli “necessari”, di quelli “utili”. Ma runner, golfisti e ciclisti, o orticoltori hobbisti sono “necessari”? Sono “utili”? O come i cacciatori si limitano ad esercitare una attività lecita e sostenibile all’aperto? E il rischio Covid cambia in funzione delle specie cacciate? La risposta del mondo venatorio lombardo, di fronte all’ennesima presa in giro dovrebbe essere solo una: la Caccia è Caccia, e cacceremo ANCHE il cinghiale quando potremo uscir di casa o spostarci tra comuni per esercitare la nostra – pagata – passione nei tempi, modi e per le specie previste dal calendario venatorio”. Non ci sono troppi commenti da fare a quanto scritto dall Presidente Regionale avv. Lorenzo Bertacchi se non quello che Federcaccia Brescia è al suo fianco.
A Roma la nostra dirigenza nazionale, in primis il presidente Massimo Buconi sta per altro provando,
con una serie incessante di incontri, a sbrogliare la matassa della mobilità venatoria. Un lavoro improbo il suo incentrato sulle linee guida anti Covid preparate già da mesi dalla nostra Federazione ed inviate ai Ministeri competenti, linee guida che spiegano come la nostra attività è tutto fuorchè un modo di veicolare il virus. Buconi ha incontrato leader di partito, funzionari di primo piano dei ministeri competenti, Ministri, il presidente della Conferenza Stato Regioni a testimoniare che nulla viene lasciato intentato. Ma sulle pagine dei famigerati social sono ancora troppe le persone che sminuiscono e criticano il ruolo ed il lavoro delle associazioni. Come sempre criticare dal divano di casa è sempre molto più facile che lavorare ma per fortuna esistono ancora dirigenti che amano incontrare i soci, ascoltarli e condividere con loro idee e strategie. Ma resta sempre la seconda opzione, lasciare campo libero agli scienziati da divano, ai presunti avvocati, agli improbabili costituzionalisti affinchè con la loro arguzia sappiano farci uscire da questo pantano. Ma il problema resta sempre quello di trovarli, stanarli dal loro comodo giaciglio e chiedergli di scendere in prima linea. Tutti bravi a parole ma scarsi con i fatti.