La Lac ricorre al Tar chiedendo la sospensione della stagione venatoria 2022/2023. Il ricorso è stato depositato lo scorso 29 luglio ed è la diretta conseguenza di una richiesta fatta dagli animalisti a Regione Lombardia, cioè di adottare un provvedimento di sospensione della caccia per la prossima stagione a causa della siccità, richiesta a cui la Regione non ha risposto. Con il ricorso la LAC chiede che sia vietata la caccia per tutta la prossima stagione venatoria a causa della siccità, lamentando peraltro danni che deriverebbero già dall’addestramento cani (dal 20 agosto) e dalle giornate di preaperture ai corvidi previste a Brescia. La data dell’udienza al TAR di Milano è già stata fissata per l’8 di settembre ed ovviamente la nostra Associazione chiederà di poter affiancare con i nostri legali quelli di Regione Lombardia. Che dire? Da un lato ci si aspettava una richiesta del genere, dall’altro la legge nazionale non prevede obblighi in tal senso ma la possibilità che le Regioni possano adottare provvedimenti riduttivi o di sospensione. Poi certo, come al solito la demagogia si spreca da parte di questi signori. La mancanza di precipitazioni in un territorio di pianura ricco di risorgive e di irrigazioni capillari è una manna per la selvaggina: nessuna covata va persa, i piccoli di lepre hanno maggiori possibilità di sopravvivenza. Chi frequenta il nostro Atc avrà infatti verificato la maggior presenza di selvaggina. Diversamente succede nelle zone collinari dove però a soffrire di più è il fagiano mentre anche qui lepri e starne riescono a sopravvivere tranquillamente, altrimenti non ci si spiegherebbe come nel Sud Italia queste specie riuscirebbero a vivere. Le conseguenze della siccità sono invece sono altre e forse queste associazioni farebbero meglio a concentrarsi sulle cause reali senza mettere in piedi ogni volta queste richieste che hanno poco senso.
Coldiretti interviene sul problema cinghiale
Riportiamo un comunicato stampa di Coldiretti: “Serve un decreto legge urgentissimo per modificare l’articolo 19 della Legge 157 del 1992 per ampliare il periodo di caccia al cinghiale e dare la possibilità alle Regioni di effettuare piani di controllo e selezione nelle aree protette, non c’è più tempo per le promesse, servono i fatti e bisogna dare risposte alle decine di migliaia di aziende che vedono ogni giorno il proprio lavoro cancellato da 2,3 milioni di cinghiali proliferati senza alcun controllo che mettono a rischio anche la sicurezza dei cittadini. È quanto afferma la Coldiretti in riferimento allo schianto avvenuto in Versilia tra Viareggio e Torre del Lago, vicino a villa Borbone nel quale ha perso la vita un automobilista che si è prima scontrato con un cinghiale che gli ha attraversato la strada e poi è finito con la macchina contro un albero. I cinghiali causano incidenti con morti e feriti e sono un flagello per i campi e per le tavole con la siccità che – sostiene Coldiretti – ha ulteriormente ad aggravato il deficit alimentare dell’Italia che produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento. Mentre con le tensioni internazionali causate dalla guerra in Ucraina sono esplose – evidenzia Coldiretti – le spese degli agricoltori per energia e materie prime. “È paradossale che con i costi fuori controllo noi dobbiamo spendere di più per coltivare e il raccolto ci vien distrutto dai selvatici – denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini –. Ma ci sono anche agricoltori che hanno addirittura perso la vita a causa dei cinghiali e in un Paese normale ciò non dovrebbe essere possibile”. Proprio per fermare l’invasione la Coldiretti ha promosso un’alleanza tra il mondo agricolo e il mondo venatorio e della gestione faunistica con il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN). Si tratta di una grande rete di migliaia di aziende per il monitoraggio e la gestione del territorio nazionale con l’obiettivo di rappresentare un argine alla proliferazione indiscriminata di fauna selvatica che mette a rischio la vita dei cittadini sulle strade e le produzioni agroalimentari Made in Italy, a partire – conclude Coldiretti – dai suoi settori di punta, ma anche di tutelare l’ambiente, attraverso una presenza capillare in grado di prevenire gli incendi e i pericoli legati al dissesto idrogeologico e combattere il cambiamento climatico valorizzando il ruolo dei boschi di catturare Co2.” Ci corre l’obbligo di ricordare che quanto richiesto da Coldiretti in Regione Lombardia è già realta e grazie all’azione incisiva combinata di caccia di selezione e caccia in braccata durante il periodo venatorio si stanno raggiungendo impotanti traguardi. E’ evidente però che l’egoismo comprensibile di ogni forma di caccia vada messo in disparte per il bene della comunità agricola e non solo.