Martedì 21 settembre il TAR di Milano ha sospeso la caccia in Lombardia accogliendo la richiesta di sospensione del prelievo venatorio avanzata dalla LAC tramite un ricorso presentato ai giudici amministrativi solo il giorno prima, lunedì 20 settembre. Da mesi Federcaccia ha lanciato l’allarme sulla pericolosità di un potenziale ricorso: sulle pagine del Giornale di Brescia, su altri canali di informazione, ma anche alla stessa Regione Lombardia, rimanendo sempre inascoltata. Scriveva il presidente Lorenzo Bertacchi in una lettera ufficiale all’Assessore Fabio Rolfi e all’allora dirigente Roberto Daffonchio il 14 maggio 2021: ” Alla luce di tali considerazioni ribadisco che sarebbe stato della massima importanza approvare il calendario 2021/2022 entro la fine di maggio (ma meglio sarebbe stato entro questi giorni) al fine di far scadere i termini dell’impugnazione (60 giorni) entro luglio. Il motivo – scriveva Bertacchi – era ed è ovvio: evitare di discutere la sospensiva pochi giorni prima dell’avvio della stagione o, peggio, come al solito, a stagione in corso, e disponendo anzi almeno di due mesi di tempo prima dell’apertura della caccia per poter intervenire “ . Il nostro presidente un veggente? No, solamente un tecnico preparato. Ma non è l’unica comunicazione, infatti il 7 luglio, sempre all’assessore e al nuovo dirigente, Franco Claretti, scriveva più o meno la stessa cosa: “ Con riferimento poi ai tempi di adozione del calendario mi auguro che la pubblicazione avvenga il prima possibile: di fronte al TAR Milano, che già sospese l’ultima delibera adottata sulle catture (i roccoli) il giorno stesso del deposito del ricorso, l’adozione del calendario immediatamente prima dell’apertura metterebbe a rischio almeno un mese di caccia”. E così è successo! Perché invece la Regione ha scelto di presentare più atti amministrativi? Perché non è stata ascoltata Federcaccia? Chi sono i responsabili? La scelta di non presentare il calendario regionale prima del 15 giugno come previsto dall’artico 40 comma 5 della legge regionale 26/93 sulla caccia non può che essere stata fatta dal Direttore Generale dell’assessorato agricoltura o comunque avvallata dallo stesso. Chi ha sostenuto la bontà di questa strategia con l’Assessore Rolfi che più di una volta ha dichiarato fiducia incondizionata nei suoi Uffici? E l’Ufficio Legislativo della Regione, che giustificazioni fornisce a fronte di questo disastro? Ci hanno sempre detto che qualora fossero stati impugnati gli atti amministrativi sarebbe rimasta valida la legge di calendario nr 17 del 2004, perché la Regione non mette nero su bianco che possiamo andare a caccia con quella legge senza rischiare nulla? Oggi non è il giorno per trovare i responsabili a questo disastro ma vanno trovate soluzioni. Federcaccia Brescia chiede all’Assessore Rolfi, come per altro da lui stesso annunciato in un comunicato stampa, che si faccia una nuova delibera nella giornata di venerdì 24 settembre, un calendario temporaneo fino alla data dell’udienza fissata dal Tar il 7 aprile, immediatamente esecutiva. Ovviamente questo calendario temporaneo, questa nuova delibera, dovrà attenersi al parere Ispra inviato lo scorso 14 aprile alla Regione, che ricordiamo prevede tutta una serie di prescrizioni a partire dall’inizio della stagione, previsto per il 2 ottobre. Chiediamo poi che si trovi una soluzione per tutelare la caccia da appostamento fisso per questi ultimi dieci giorni cruciali del mese di settembre: se iniziasse anche il 2 ottobre la caccia alla migratoria da appostamento fisso, metà della stagione per i capannisti sarebbe già finita. Siamo arrabbiati, molto arrabbiati. Non sono stati ascoltati i nostri avvertimenti, i nostri consigli sempre forniti con educazione e professionalità: Federcaccia Brescia non ha mai chiesto l’impossibile ma solamente rispetto e onestà nei confronti del mondo venatorio. Rispetto verso una categoria la cui attività è consentita dalla legge e onestà e professionalità nelle scelte e nelle strategie che hanno ricadute sul mondo venatorio. Se avessimo fatto il calendario per tempo il ricorso sarebbe sicuramente arrivato, a caccia chiusa. Ci sarebbe stato il tempo per andare in udienza e spiegare ai giudici le motivazioni tecniche per cui la Regione si era discostata dal parere Ispra. In caso di vittoria il calendario sarebbe rimasto intatto, in caso di sconfitta la Regione avrebbe fatto una nuova delibera, aprendo la caccia il 2 ottobre. Ma i cacciatori avrebbero allora potuto scegliere se andare a caccia oppure no ma soprattutto si sarebbe potuto spiegare loro le motivazioni per le quali si doveva aprire il 2 ottobre. Invece è successo il disastro.
La caccia è chiusa. Trasgredire al divieto comporta pesanti sanzioni. Invitiamo tutti coloro che praticano la caccia di selezione al cinghiale, ancora aperta perché derivante da un atto amministrativo precedente la delibera di calendario del 2 agosto, a non andare a caccia. Sia per solidarietà verso coloro che stanno a casa sia per lasciare la risoluzione dei danni causati dai cinghiali agli animalisti. Invitiamo anche tutti i cacciatori che si adoperano come volontari
per il controllo della nutria a sospendere ogni attività.