E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 febbraio l’autorizzazione per una raccolta di firme volta a promuovere un referendum nazionale contro l’abolizione della legge quadro nazionale sulla caccia, la Legge 157/92 . In sostanza 13 cittadini italiani aderenti ad una sconosciuta associazione animalista vogliono raccogliere le firme per indire un referendum che abolisca non la caccia, ma legge che la regolamenta. Come se per eliminare gli ingorghi del traffico si volesse abolire il codice della strada ma non l’uso delle auto. Ma il problema non è tanto la confusione mentale di chi ha presentato la richiesta ed ha ottenuto la possibilità di raccogliere le firme ma quanto panico si è immediatamente diffuso nel mondo venatorio. Un panico che tra le altre cose sembra quasi essere stato diffuso ad arte sia dai soliti social che si autoalimentano manipolando all’eccesso ogni tipo di notizia sia da una parte del mondo venatorio che prima ha lanciato l’allarme e poi, con dovizia di particolari, ha provveduto a sedarlo. Federcaccia Nazionale ha invece inviato una lettera a tutti i propri dirigenti con cui ha invece immediatamente voluto fare chiarezza, spiegando in modo preciso la situazione. Innanzitutto ha ribadito che ad oggi, non esiste nessun referendum contro la caccia. Infatti la legge italiana prevede un percorso per giungere al referendum, che non è ne breve ne semplice. I promotori, i 13 cittadini di cui sopra, hanno 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per altro avvenuta il giorno 11 febbraio ed avendone oggi 18 ne sono già passati 7 e quindi ne restano 83, dicevamo hanno tempo 90 giorni per raccogliere 500.000 firme, mezzo milione se suona meglio, ovviamente valide. Una volta raccolte le firme il quesito referendario deve superare un doppio vaglio, quello dell’Ufficio centrale per il referendum istituito presso la Corte di Cassazione e quello della Corte Costituzionale , per verificare il rispetto dei limiti costituzionali. In questa fase oltretutto il mondo venatorio, e Federcaccia si sta già muovendo, potrà presentare obiezioni tecniche agli Uffici dello Stato. Qualora i quesiti fossero ritenuti ammissibili è importante ricordare che affinchè un referendum sia valido deve essere raggiunto il quorum dei votanti e cioè che vada a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto, diciamo quasi 25milioni di votanti. Giustamente il presidente nazionale Massimo Buconi fa due semplici considerazioni. La prima è che il momento che il Paese sta vivendo con tutte le limitazioni ai movimenti, possibilità di aggregazione, accesso ai pubblici uffici, renderanno l’operazione di raccolta firme non facile. La seconda considerazione è che il quesito così come è formulato desta non poche perplessità. L’eventuale ammissibilità e successivamente la sua eventuale vittoria non vieterebbe infatti la caccia, ma aprirebbe un vuoto normativo che di fatto ne toglierebbe la regolamentazione. Un elemento di cui sicuramente la Corte terrà conto e che comunque come già detto siamo già pronti a far valere con opportuni elementi giuridici. Il mondo venatorio non deve farsi prendere dal panico quando vede la parola “referendum” o per lo meno non deve farlo fino a quando rimarrà l’attuale quorum. E’ in discussione infatti in Parlamento un progetto di legge, quello per intenderci che ha ridotto il numero di parlamentari, che prevede all’articolo 75 la riduzione del quorum referendario che verrebbe portato al 25% degli aventi diritto al voto. Questo sarebbe sicuramente per noi, come per tutte le categorie di minoranza in Italia, un pericolo gravissimo. Riportiamo poi, giusto per rinfrancarci un po’, come commenta la proposta di referendum il sito www.agricultura.it, portale importante del mondo agricolo del nostro paese “ Intanto ci sono gli agricoltori e allevatori italiani che ogni giorno devono fare la conta dei danni da ungulati e selvatici – cinghiali, caprioli, daini, lupi – che imperversano nelle campagne, distruggono raccolti, coltivazioni, vigneti, assalendo greggi ed allevamenti, e creando problemi concreti anche ai comuni cittadini, con incidenti stradali e incursioni nelle città. Come anche le ultime notizie, questa volta provenienti dal Veneto ci confermano, dove gli agricoltori delle Vallette a Padova, sono pronti ad una class action per le coltivazioni devastate dai cinghiali”. Il mondo venatorio non è solo e non lo sarà mai se saprà esercitare la propria passione nel rispetto delle leggi e anche a supporto di quelle categorie, come per esempio gli agricoltori ma ne esistono anche altre, che riconoscono al cacciatore il ruolo di equilibratore della fauna selvatica. Le associazioni venatorie hanno incontrato il responsabile dell’Ufficio Armi della Questura di Brescia. E’ stato rinnovato dai dirigenti di PS l’invito ad iniziare per tempo l’iter per il rinnovo del porto d’armi per coloro che quest’anno ce l’hanno in scadenza (anno rilascio 2015). La pandemia ha infatti reso più difficoltoso il lavoro in Questura e quindi anticipare l’invio della documentazione da parte dei cacciatori è sicuramente un modo intelligente per assicurarsi un inizio di stagione venatoria senza l’affanno di un porto d’armi non ancora arrivato.