Alcune notizie dell’ultima settimana ci impongono alcune doverose riflessioni. La prima notizia è quella che la Regione Friuli Venezia Giulia ha autorizzato due impianti di cattura con atto amministrativo di Giunta. Si tratta di due roccoli come le nostre “larghe” cioè con meccanismo azionato da operatori specializzati che dopo aver verificato che all’interno dell’impianto ci siano le specie di avifauna di cui è autorizzata la cattura provvedono a far scattare le reti dello stesso. Un atto coraggioso, un atto politico motivato con la necessità di fornire agli allevatori soggetti di cattura. Una scelta che permette inoltre di tutelare delle tradizioni locali molto radicate. La seconda notizia è che la Regione Marche, che aveva autorizzato il prelievo in deroga a storno e tortora dal collare, dopo che la delibera era stata sospesa dal Tar per la mancanza di alcuni dati, nel giro di pochi giorni ha rifatto la delibera e permesso di nuovo la possibilità del prelievo in deroga a queste due specie. La deroga allo storno in particolare non è fatta come in Lombardia, dove è concessa a sole 100 persone che non possono prendere più di 5 storni al giorno e non più di 10 all’anno ma a tutti coloro che ne fanno domanda con un carniere giornaliero di 10 e cento all’anno. Anche in questo caso un forte gesto politico e di tutela delle specifiche tradizioni venatorie delle Marche. Le due regioni in questione sono accomunate dall’essere governate da una maggioranza PD. Infine la terza notizia è quella del Progetto di legge licenziato dalla Giunta Lombarda sulla caccia al cinghiale. Nel progetto con primo firmatario il Presidente Maroni , ma anche alcuni assessori bresciani, si legge che, per tutelare le colture agricole, andranno fatte linee guida per individuare aree vocate al cinghiale e aree non vocate. In quelle non vocate il cinghiale andrà eradicato con il prelievo di selezione, in quelle vocate il cinghiale andrà gestito dai cacciatori come accade oggi. La Regione prevede però che gli Atc e i Ca dove è consentita la caccia al suide dovranno partecipare a rifondere i danni causati dal cinghiale nella misura del 50% ma potranno aumentare la quota di chi pratica questa caccia fino a 5 volte. Cioè a dire che coloro che devono contenere o eradicare il cinghiale devono pagare fin al quintuplo della quota! Non solo, ma la fauna non è patrimonio indisponibile dello Stato come recita l’articolo 1 della legge 157/92? Che ci azzecca che Atc e Ca debbano rifondere il 50% dei presunti danni? Con i soldi inoltre di tutti i soci cacciatori, capannisti compresi. Forse a Milano sarebbe meglio affrontare la materia caccia con maggiore attenzione al territorio e soprattutto ai cacciatori. Federcaccia Brescia e Federcaccia Lombardia restano come sempre a disposizione per un confronto serio che non sia solo un momento di ascolto da parte della Regione ma anche di ricezione e messa in pratica delle proposte.